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al testo di Annalisa Scialpi
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Oh dolce signora al bar, dove hai lasciato il tuo ranocchio, il tuo ranocchio verde, viscido come l'acido tartarico sul fondo di un rosè?
Il tuo pensiero disegna trame incongruenti come un mosaico di Gaudì mentre te ne stai annottata come una spiga piegata sull'idiozia della sabbia del mondo.
Oh dolce signora al bar, uscita in ciabatte come una lungodegente dalla corsia dei tuoi giorni nudi come le scatole dopo natale, chi ti mise pensieri retti nelle tue vertebre e frasi sensate in bocca come bistecche di maiale?
Il ranocchio non era un principe, ma solo un rovello; un guscio d'uovo, un playmobil. Avvizzì col popolo dei padri e a te non rimase che la tua tisana fruttata.
E nessuno a dirti che mai più sarebbe diventata corpo e sangue. |
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